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sabato 21 luglio 2007

Capitolo 10

Il legame con l'esistenza

Un legame sembra, a prima vista, vincolante e opprimente. Si pensi a un prigioniero, come Socrate che, chiedendo di allentargli la presa della catena da cui era legato, descriveva, partendo dal prurito, il sottile legame fra dolore e piacere: egli sa di potersi ancora muovere con sicurezza, con una relativa autonomia.

Un legame sembra, in un'altra prospettiva, indispensabile e persino irrinunciabile. Si pensi ora a una cordata di scalatori di roccia o al bungee-jumping, cioè a quella moda per la quale alcuni temerari si gettano nel vuoto, appesi per i piedi a un elastico, al fine di provare l'ebbrezza dell'avventura del volo: chi si trova legato sa che il suo movimento, e addirittura la sua esistenza, sono appesi esclusivamente a un filo, a quel filo, a quel legame.

Non abbiamo inventato noi il concetto di legame, ma abbiamo certamente realizzato legami solidi e resistenti anche noi; siamo riusciti anche a scioglierne senza volerlo; ne abbiamo anche scientemente slegati, altri si sono poi dissolti a causa della stessa propria fragilità.

C'è però un legame che, per quanto abbiamo cercato, non siamo riusciti mai definitivamente a sciogliere: è il legame con l'esistenza stessa, cioè ciò che ci fa sempre cercare e ricercare un senso, una ragione, e talora anche una fede... per motivare l'esistenza stessa.

Il legame, di cui qui parliamo, si manifesta dall'inizio del nostro esistere.

Il cordone ombelicale che ci lega nella generazione, e che avrebbe legato tra loro le varie generazioni nello spazio e nel tempo se fosse stato possibile non reciderlo quando siamo nati, continua a essere cercato anche dopo la nascita. Quel legame viene naturalmente ricercato in ogni appiglio dal neonato: nel seno materno, nel dito della mano o del piede da succhiare... il bambino cerca sempre di far-capo a qualcuno: nella costruzione culturale della famiglia si parla di genitori, a tal proposito; noi, tuttavia, preferiamo il termine generico qualcuno, ammettendo anche altri legami culturali e qui descrivendo, invece, solo un legame naturale. Il bambino cerca le mani di qualcun altro da prendere, da tenere; quando impara a camminare, dà la mano all'adulto (ripresentazione del legame ombelicale tagliato); quando il bambino cresce, il legame si ripresenta invisibile, ma sussistente a un tempo, nel cercare gli affetti, gli amici, gli altri... fino a raggiungere una forma matura, forte e pervicace, ormai autoprotettiva: il legame con le proprie idee, tenacemente difeso.

Sono solo alcune espressioni del legame. Molte altre potrebbero ancora esserne qui elencate, ma non v'è più spazio. Arriviamo perciò all'ultima parola che precede il silenzio dell'uomo: è un'invocazione a qualcuno o a qualcosa... e, quando non riesce a esser parola - si pensi a un malato di sclerosi multipla, ad esempio - è solo uno sguardo bisognoso di aiuto rivolto a chi è vicino, cioè un legame con ciò che è altro-da-noi.

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